domenica 28 giugno 2015

Chi ci ha lasciato in queste condizioni? Sempre Renzi o il governo Berlusconi/Bossi Salvini?


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Welfare, lo Stato è a corto di risorse

Già ora i fondi scarseggiano. E il governo deve ridurre la spesa sociale di 10 mld. La Corte dei Conti spinge per l'aumento delle tariffe. Mentre la politica tentenna.

L’allarme, quasi passato inosservato, è nelle pieghe della Relazione annuale al parlamento della presidente di Coordinamento delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, Enrica Laterza: «Si impone una riorganizzazione dei servizi di welfare sulla base di una riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all'azione di governo».
Al di là del linguaggio da tecnocrate, il concetto espresso è abbastanza chiaro: l’Italia deve tagliare la sua spesa sociale perché non può più permettersela.
La spesa pubblica italiana sfiora gli 800 miliardi. Meglio di noi fanno - nell’Eurozona - soltanto Germania e Francia, che trasferiscono ai loro cittadini oltre 1.000 miliardi. Ma è la ridistribuzione delle risorse del welfare che crea iniquità: infatti il 27,9% del totale, un terzo, finisce per pagare le pensioni di anzianità, mentre per il sostegno alle famiglie non si spende più del 2,3% del totale.
LE RISORSE SCARSEGGIANO. Negli anni della crisi l’Italia ha perso circa 7 punti di Pil e il debito pubblico è cresciuto cresciuto di 13.
E questo ha finito per spingere il governo a usare quanto incassato con le tasse per raggiungere il pareggio di bilancio e pagare gli interessi ai sottoscrittori dei nostri titoli di Stato.
Anche per questo già adesso scarseggiano le risorse del welfare e si sentono i primi tagli. E le cose potrebbero peggiorare, visto che il governo deve ridurre la spesa di 10 miliardi entro il 2016, se non vuole far scattare l'aumento automatico dell'Iva per 16 miliardi.
LA POLITICA TEME DI PERDERE VOTI. Anche se nessuno ne parla, l’allarme di Laterza non è isolato. E la politica sta ideando soluzioni, che al momento non vengono rese pubbliche, per paura di perdere voti.
Per esempio l’ex commissario alla Spending review, Carlo Cottarelli, iniziò a perdere credito, quando annunciò che il suo piano di tagli alla spesa per recuperare 32 miliardi in tre anni avrebbe interessato anche la sanità e le pensioni.
Sul primo fronte aveva spiegato che la dotazione per beni e servizi non sanitari (le forniture) era sovrastimata con i suoi 9 miliardi, mentre rimodulando gli assegni d’oro si sarebbe potuto recuperare anche 1 miliardo.

Quattro miliardi all'anno per la cassa integrazione

Proprio nelle ultime settimane il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha proposto di ricalcolare gli assegni in essere con il sistema contributivo (non più sull’ultimo stipendio, ma in base ai contributi versati).
In questo modo si potrebbero risparmiare più di 4 miliardi. La proposta è stata rigettata dai sindacati come dai politici di centrosinistra e centrodestra.
Negli anni della crisi lo Stato ha in media stanziato ogni anno per la cassa integrazione quasi 4 miliardi all’anno. E quando i soldi non c’erano, si sono recuperati anche usando i fondi per la formazione dei giovani.
Contemporaneamente è cresciuto anche l’ammontare del fondo nazionale sanitario, ormai arrivato a 110 miliardi.
PRESTAZIONI SANITARIE IN CALO. Se si fa eccezione per queste tre voci del welfare, le altre già adesso non sono così intoccabili. Dal Duemila in poi la spesa per l’istruzione è calata del 5%. Il Censis e l’Unipol hanno calcolato che sul versante sanitario l’aumento dei ticket ha spinto gli italiani nel 2014 a rinunciare a 6,9 milioni di prestazioni, erogate di solito dal privato accredito. Dal 2008 in poi i governi che sono succeduti hanno ridotto i trasferimenti al trasporto pubblico locale di circa 5 miliardi, con il risultato che alcune storiche ferrovie secondarie (come la Circumvesuviana) hanno dovuto cancellare la metà delle corse mentre altre (come le Ferrovie Nord) sono finite sotto l’ombrello di Trenitalia.
POSSIBILE AUMENTO DELLE TARIFFE. Gli economisti sono concordi che sono due gli scenari che potrebbero presto verificarsi: un aumento delle tariffe per i servizi essenziali oppure il ricorso ad assicurazioni private, come già avviene per alcune professioni.
Laterza guarda alla prima ipotesi. Secondo lei, «il recupero di efficienza degli apparati pubblici non può essere disgiunto da una maggiore partecipazione dei cittadini alla copertura dei costi di alcuni servizi», tanto da auspicare «una contestuale, rigorosa, articolazione tariffaria, che realizzi il precetto costituzionale (art. 53) della concorrenza alle spese pubbliche in ragione della diversa capacità contributiva». Non ci resta che mettere mano al portafogli.

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