Renzi diserterà il congresso della Cgil ma - garantiscono da Palazzo Chigi - il governo sarà presente. In che modo non è ancora dato saperlo, forse con il sottosegretario Graziano Delrio.
Intanto Susanna Camusso, che ancora non ha ricevuto comunicazioni formali a riguardo, ha già bollato l'assenza del premier come un segnale di "assoluta mancanza di rispetto nei confronti di una grande organizzazione". In sostanza Renzi, premier di area di sinistra, non andrà nella piazza rossa della Cgil, in quella che invece per lui potrebbe rivelarsi una vera e propria tana dei leoni. E scava così, ancor di più, il solco tra governo e sindacati. In particolare, quello di Rimini, dove sono già in corso le 'Giornate del lavoro', è un terreno a rischio. Il Congresso avrà inizio il 6 maggio e andrà avanti nei giorni cruciali per la riforma del marcato del lavoro, sulla quale è già in corso un botta e risposta a distanza tra esecutivo e sindacati.
Secondo quanto viene riferito da fonti ministeriali, il presidente del Consiglio non raccoglierà l'invito della Cgil e asseconderà l'orientamento, maturato da tempo, che prevede il rispetto della reciproca autonomia tra governo e parti sociali. Da altri, la sua assenza, viene letta invece come una mancanza di considerazione nei confronti di quelli che si possono considerare corpi intermedi, come ad esempio sono i sindacati. Tuttavia, da palazzo Chigi fanno notare che i ministri stanno partecipando alla 'tre giorni' del festival del lavoro. Tanto che domani sera, da programma, sarà proprio il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, insieme al responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, a partecipare a una tavola rotonda. C'è chi vocifera che potrebbero esserci scintille perché il sindacato guidato dalla Camusso, sul tema della precarietà, non retrocede di un millimetro e domani "non le manderà a dire".
Il vento della sintonia esecutivo-sindacato, a Rimini, non soffia. L'affermazione di Romano Prodi - nella campagna elettorale del 2006 che lo ha portato a diventare premier - "il mio programma è il vostro programma", è solo un ricordo lontano, ancora presente però nella memoria degli iscritti al sindacato se si pensa all'accoglienza che oggi è stata riservata al professore.
Renzi non è stupito della reazione di stizza da parte dei sindacati Cgil e Cisl ma, ormai, il decreto non si cambia. È il messaggio che arriva da Palazzo Chigi. Tutto inizia quando Camusso fa sapere che il testo del decreto legge Lavoro, con gli otto emendamenti presentati al Senato dal governo, "è peggio del precedente". In più, la sanzione pecuniaria prevista a carico delle aziende che superano il 20 per cento delle assunzioni a termine, non fa altro che "aumentare la precarietà". In questo modo cade il vincolo dell'assunzione a tempo indeterminato e "ci sarà un uso illimitato e illegittimo di forme di lavoro a termine e ciò apre la strada alla precarietà". Dunque, "bisogna decidere - aggiunge Camusso - se il lavoro è lo strumento col quale di esce dalla crisi o se si pensa che sia sufficiente continuare a svalorizzarlo".
Stessi toni vengono usati dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni: "Sono state scavalcate le parti sociali e, con questa riforma, si vuole fare un danno ai lavoratori". A stretto giro la replica del governo è affidata al sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, per il quale "gli atti dell'esecutivo vanno nella direzione contraria" rispetto a quella descritta dal segretario della Cgil. "Le norme sul contratto a termine - spiega Bobba - sono tese a consentire una semplificazione del ricorso a questo contratto e rispondono alla volontà di favorire una permanenza più lunga del lavoratore in azienda. Tutto il contrario di un incentivo alla precarizzazione". E poi, "l'entità della sanzione pecuniaria, proposta in sostituzione dell'obbligo di assunzione a tempo indeterminato, e' tale da scoraggiare chiunque a superare un vincolo che, tra l'altro, non era previsto nella normativa precedente". Il messaggio viene subito rispedito al mittente: "La Cgil - risponde Camusso - continua a rimanere dell'opinione che non avevamo bisogno di ulteriori forme di precarietà".
Distanze e ancora distanze. Anche gran parte del Pd viaggia in direzione opposta rispetto al sindacato. In un'intervista all'Huffington post, Taddei, ha definito il Dl Poletti "la più grande operazione di redistribuzione a favore del lavoro degli ultimi 15 anni. Alla Camusso che ci critica sul dico: sappiamo tutti come finirà, il decreto sarà approvato". E insomma, anche in questo caso, torna il leit motiv governativo del "ce ne faremo una ragione". "Ah, beh, un'espressione nuova", ironizza la numero uno della Cgil. Come a dire: abbiamo capito qual è il nuovo corso.