venerdì 27 giugno 2014

Se a questi aggiungete anche i sindacalisti che diventano sia politici sia nominati siamo proprio messi bene. Un paese di parassiti.

Politici e nominati, quanti sono? Un quarto di milione, 8 mld di soldi pubblici

La foto di di Alessandro Camilli

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ROMA – Un quarto di milione, circa 250mila persone. Tanti sono gli italiani che, direttamente o indirettamente, vivono di politica e che, dalle casse pubbliche, cioè da chi paga le tasse, sono mantenuti.
I politici in senso stretto, cioè quelli eletti, sono 144mila. Di questi, la stragrande maggioranza siede negli affilatissimi consigli comunali e, tutti insieme, costano alle casse italiane 7 miliardi l’anno. Più di quanto è costato il bonus di 80 euro di Renzi e molto più del peso della tassazione sulla prima casa.
Gli altri 100mila, frutto di un calcolo inevitabilmente approssimativo, sono invece quelli non eletti ma nominati dalla politica: amministratori e consiglieri delle società pubbliche che, come ha rivelato Carlo Cottarelli, “sono ben più delle 8mila conteggiate sinora e sono almeno 10mila”. Società che, solo nell’ultimo anno, hanno totalizzato perdite per 1,2 miliardi di euro. Complimenti.
“Se misurassero in media 175 centimetri – scriveRoberto Turno sul Sole24Ore -, uno dopo l’altro creerebbero una colonna lunga 254 chilometri. Più o meno da Roma e Firenze. ‘Un esercito’, chiosa la Corte dei conti. Che s’è presa la briga di ricontarli alla fine dell’anno scorso. Per scoprire quanto gli italiani (ed elettori) in fondo a più riprese hanno mostrato di sapere bene: i politici non finiscono mai. Rispuntano sempre. Tra vecchie leve e new entry le porte girevoli della politica sono sempre aperte per tanti. Un ‘esercito’ di 144.591 eletti o ‘in carica’ che occupano poltroncine varie. Dal Parlamento alle regioni, dai comuni ai mini municipi. E alle province”.
Nel dettaglio, tra Camera, Senato ed eletti in Europa i politici italiani sono 1.041. Altri 1.270 arrivano invece dalle regioni e altri 3.446 occupano le poltrone delle province da smantellare. Ma il grosso “dell’esercito” è quello che amministra i comuni, secondo le cifre della Corte dei Conti sono ben 138.834 quelli che l’anno scorso sedevano sugli scranni dei comuni e dei loro affollatissimi municipi.
Un esercito che, come ogni armata che si rispetti, ha un suo costo. Per il funzionamento del Parlamento sono stati impiegati l’anno scorso circa 3 mld, in calo del 4% sull’anno prima, con compensi ai politici di 447 mln. Per il Quirinale 228 mln, come l’anno prima, anche se i tagli ci sono stati. Altri 458 mln se ne sono andati per far marciare la macchina di Palazzo Chigi, in crescita dell’11%. Ben 200 mln per i ministeri. E altri 3 mld per regioni, comuni ed enti minori. In tutto circa 7 mld.
Questo però non è che “un’armata” dell’esercito, a cui bisogna aggiungere le “forze” che arrivano dalle società pubbliche. “Il numero delle imprese è ben superiore alle 8mila censite sinora e supera la 10mila” ha rivelato il commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Le società partecipate dagli enti locali e da altri soggetti pubblici, ha continuato Cottarelli, hanno generato perdite per 1,2 miliardi di euro. Ma non è questo il punto. Il punto è che i vertici di queste società sono nominati dalla politica e pagati dalle casse pubbliche. Ipotizzando una decina di persone in media nei consigli d’amministrazione di queste società si arriva alla bellezza di altri 100mila soldati.
Un esercito che costa troppo, e a denunciarlo è proprio la Corte dei Conti che, nella memoria scritta dal procuratore generale Salvatore Nottola, scrive che si tratta di costi che non si tagliano mai abbastanza, rilevando una sostanziale “inerzia” (della politica) a fare pulizia, a praticare una sana spending review sulle sue stesse prebende. Come dire: non s’è fatto abbastanza, anzi, e ciò “non induce a un recupero di affidamento del corpo elettorale nei confronti delle rappresentanze elette”. Che per prime devono dimostrare “maggior rigore finanziario”.

Sulle società pubbliche Cottarelli ha annunciato una “razionalizzazione” entro luglio. Sugli eletti si lavora alla riforma del Senato e le province sono in dismissione mentre, gli italiani, aspettano di vedere se l’esercito che mantengono a caro prezzo riuscirà almeno a snellire un po’ le sue fila nel prossimo anno.

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