sabato 19 gennaio 2013

Povero Tavolazzi, si comprende dalle sue parole che ci aveva creduto veramente. Come lui quanti delusi. Eppure per i pirla grillini vogheresi il problema non esiste. Si perché loro sono diventati ormai tutti dipendenti di Casaleggio. O dipendenti del dipendente. Che si deve fare per 5 mila euro al mese.


M5S, UN SOGNO SVANITO, UNA SPERANZA CALPESTATA.

Il sogno del M5S è svanito nella delusione. Se ne sono incaricati i fatti che hanno calpestato la speranza.

Quello che doveva essere un progetto politico rivoluzionario e dal basso, governato dai cittadini con il metodo della democrazia diretta, si è rivelato una cinica operazione di marketing politico, concepita da un'azienda e sviluppatasi grazie alla straordinaria capacità di attrazione di Beppe e all'impegno, dedizione e buona fede di migliaia di cittadini che hanno creduto a ciò che urlava nelle piazze.

Dopo il pionerismo iniziale, nel quale, sui voti da conquistare, prevaleva la sfida del cambiamento culturale e dell'innovazione delle proposte per migliorare la vita delle comunità (città, regioni), sono arrivati la deriva populista, il fine giustifica i mezzi, il consenso a tutti i costi per le poltrone, l'arruolamento degli adepti prendendoli per la pancia, il dominio della comunicazione sui contenuti.

E dentro al Movimento sono arrivate le espulsioni, le promesse di democrazia disattese, l'arroganza di una direzione manageriale basata sul "colpire pochi per educarne molti", gli influencer, il dominio della rete. Infine il Casaleggium.

Importa poco se il prodotto sfornato dal cofondatore del Movimento sia meglio o peggio del marciume dei partiti. Il tema non è se il M5S esca vincente o perdente dal paragone con Pd, Pdl o Idv oggi nascosto dietro a Ingroia.

Il disastro consiste nel fatto che il Movimento 5 Stelle è tutt'altro rispetto a ciò che doveva essere. Chi ci ha creduto, per anni ha raccontato balle ai cittadini che venivano ai banchetti o alle iniziative politiche. C'è chi lo ha fatto nei consigli comunali e regionali (gli eletti del M5S). Spiace constatarlo, ma fatichiamo a fare la differenza, e lo dico con grande rispetto per chi vi è impegnato, anche nei pochi luoghi in cui governiamo.

Un enorme fallimento. Un disastro per la speranza di quegli italiani che volevano cambiare il paese. Una presa per il culo di attivisti ed eletti, che hanno creduto nel sogno e dedicato un pezzo della loro vita al tentativo di realizzarlo. Grazie Casaleggio e grazie anche a te Beppe, che non hai saputo evitare il disastro.

Adesso, per chi ne ha voglia e può contare sull'energia rimasta, non rimane che ripartire da zero. O da dove eravamo rimasti.

L'unica cosa vera e condivisibile che ha detto Grillo nell'ultimo anno. Una affermazione non populista e vera. Dopo questa frase sale del 4% nei sondaggi il suo partito setta. Ha ragione i sindacati sono assai peggio dei partiti. Sono una vera casta. E reagiscono subito. Si vede che hanno paura che i cittadini scoprano quanti nullafacenti manteniamo.

Beppe Grillo contro i sindacati: "Eliminiamoli, sono vecchi"

Beppe Grillo contro i sindacati: "Eliminiamoli, sono vecchi"

Il fondatore del Movimento 5 Stelle, in un comizio a Brindisi, si scaglia contro i sindacati italiani. Immediata la risposta di Bonanni della Cisl: "Senza i sindacati non c'è nemmeno la democrazia"

di Redazione 19/01/2013
beppe-grillo-3Beppe Grillo va all'attacco anche dei sindacati. "Voglio uno Stato con le palle, eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti. Le aziende devono essere di chi lavora", ha detto il fondatore del Movimento 5 stelle a Brindisi durante un comizio del suo "Tsunami tour".
Il primo rappresentante dei sindacati a rispondergli è il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni: senza i sindacati non c'è nemmeno la democrazia. "Ci mancava solo - ha affermato Bonanni - la proposta per un'Italia con gli stivaloni in questa campagna elettorale. Non si capisce francamente, con tutto il rispetto, che tipo di paese e di società ha in testa Beppe Grillo".
"Visto che lui - ha sottolineato Bonanni - va reclamando più democrazia, vogliamo ricordargli che senza sindacati non c'è democrazia in un paese libero e civile. La piazza non potrà mai sostituire per tutti i lavoratori uno strumento di espressione libera e democratica come il sindacato, in qualsiasi paese del mondo".
"Dopo l'appoggio a Casapound Grillo propone l'abolizione del sindacato e la cancellazione dei suoi 12 milioni di iscritti. L'obiettivo è lo sterminio di massa?". La Cgil commenta così su Twitter le dichiarazione di Beppe Grillo sui sindacati.


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venerdì 18 gennaio 2013

Per la prima volta e probabilmente l'ultima sono d'accordo con un leghista. Tutto vero quello che dice. Su questo argomento potrei scrivere tre libri e non è detto che non lo faccia. Se qualcuno dei lettori conosce Salvini mi faccia contattare potrò metterlo al corrente di porcherie ancora più gravi messe in atto dalla Triplice con il consenso di funzionari e dirigenti dello stato codardi e che non esercitano il loro servizio con onore, decoro, imparzialità, e fedeltà alla nostra nazione. Se poi a Salvini si volessero aggiungere anche gli altri leader politici sarò lieto di aggiornarli sul degrado morale dei sindacalisti italiani anche peggiore, a mio avviso, a quello dei politici. Viva l'Italia comunque, parola di consigliere comunale..


Anche questa è un ex. Quanta gente sbatte la porta. Come mai? Sarà mica che i grillini sono tutti come quelli di Voghera? Tutti fascisti? No, non sono nè di destra nè di sinistra. Sono solo dei poveri pirla.


SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Aveva lasciato il suo posto in Comune a Riego Gambini solo qualche mese fa, ad agosto (guarda l’intervista). Per “Motivi di lavoro”, aveva detto. Ora Maria Grazia Ferritto annuncia le dimissioni dal Movimento 5 Stelle e lo fa con una lettera pubblicata sulla sua pagina di Facebook.
Riportiamo integralmente:
“Il motivo è molto semplice e anche intuibile. Semplicemente non mi riconosco più nel 5 stelle perché trovo che siano stati violati tutti i principi della democrazia, della trasparenza e della partecipazione. Gli attivisti non hanno mai potuto dire la loro sulla politica nazionale del Movimento, né far parte attiva del programma o scegliere con quali criteri selezionare i candidati al Parlamento.
Non esiste libertà di parola, di opinione o la possibilità di dissentire dalle decisioni e dalle esternazioni del capo unico anzi dei 2 capi unici del Movimento. Non possiamo farci portatori della democrazia dal basso se questa non esiste neanche all’interno del Movimento.
L’ultima vicenda che riguarda le dichiarazioni di Grillo riguardo Casa Pound è stata per me la goccia. Invece di prendere una netta distanza da certe nefaste ideologie, addirittura ha prospettato loro un’apertura. Sono sdegnata e mi vergogno di queste sue dichiarazioni. Non è la mia voce e non è il mio pensiero. Ma non c’è modo di poter far sentire la mia voce, l’unico preposto a farlo è sempre e solo Grillo che ormai da tempo non lo ritengo più essere il mio portavoce.
Questo è il mio personale pensiero frutto di mesi e mesi di crisi e di tentativi per cercare di cambiare ciò che non mi piaceva all’interno del Movimento. In questo lasso di tempo ho visto fare di tutto da Grillo: consiglieri e attivisti cacciati a suon di diffida dei suoi avvocati spesso senza una giusta causa, diktat (divieto di andare in tv) e prese di posizione imposti (ius soli) senza possibilità di discussione dal basso, divieto assoluto per gli attivisti di organizzare incontri nazionali senza il suo consenso.
Altra cosa invece sono i ragazzi e le ragazze del Movimento che portano avanti il lavoro sul loro territorio, che ho avuto modo di conoscere in questi anni e sulla cui onestà e impegno non ho dubbi. Loro sì, hanno tutta la mia stima.
Credo però sia troppo importante essere sempre critici anche al nostro interno ed essere sempre onesti con se stessi e con gli altri, denunciando ciò che non va anche riguardo a ciò che ci è di più caro, come lo era per me il Movimento. Non è infatti senza dolore che pratico questo taglio, ma devo seguire i miei principi di onestà e coerenza. Forse non sono adatta a fare politica perchè non accetto compromessi e mezze misure.
Mi auguro che nessuno me ne voglia ma preferisco uscire e andarmene per la mia strada

Eccolo l'uomo più intelligente d'Italia. Ma vi rendete conto? Peggio di Pizzarotti solo qualche dirigente dell'Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia che Bersani e Monti farebbero bene a far scomparire. Parola di Consigliere Comunale della lista civica " Rubiconto Sindaco".


Pizzarotti: “Cerco informatico, ovviamente gratis”. #ovviamentegratis è mania

Pubblicato il 18 gennaio 2013 12.42 | Ultimo aggiornamento: 18 gennaio 2013 13.45
PARMA – Bufera sul sindaco grillino di Parma, Federico Pizzarotti, che su Facebook ha postato un annuncio per un posto da programmatore informatico, scrivendo “ovviamente gratis”. In poche ore il sindaco è stato subissato di messaggi (e di insulti) di internauti pronti a fargli notare che “gratis” per un lavoro non è né etico né “ovvio”. E su Twitter uno degli hashtag più cliccati è #ovviamentegratis e si sprecano le battute: “Stasera vado alla coop e chiedo se vogliono contribuire alla mia alimentazione facendomi fare la spesa #ovviamentegratis” o “Cerco casa a Desenzano del Garda, vista lago, possibilmente magione d’epoca. #Ovviamentegratis”.
Il messaggio lasciato la scorsa settimana dal sindaco Pizzarotti sulla sua bacheca recitava: ”C’è uno sviluppatore ASP.NET (per limiti di piattaforma, prossimamente anche PHP), o un gruppo di sviluppatori, che vorrebbe collaborare con noi per sviluppare alcune idee che vorremmo portare avanti? Progetti semplici, poche pagine, ma efficaci. Anche da remoto. Ovviamente in modo gratuito. :) Un modo in più per partecipare”.
Subito sul social network è partita una raffica di risposte. Le prime, di gente che si proponeva per il lavoro (ovviamente gratis). Le altre quantomeno perplesse. C’è chi scrive: “Sindaco, con tutta la crisi che c’è in Italia nel campo dell’IT non si riescono proprio a trovare le risorse per “pagare” almeno con un gettone simbolico qualche programmatore che potrebbe aver bisogno di lavorare?” o “Che si chieda del lavoro gratis è uno scandalo. In ogni campo. Uno scandalo”, o ancora “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.
Il Movimento 5 Stelle tenta di spiegare la mossa del sindaco facendone una questione di principio: “Lezione di Economia 5Stelle. Se io faccio un lavoro gratis per il comune, il comune non spende quei soldi per la prestazione, prestazione che non verrà addebitata sulle tasse comunali che dovrebbero essere pagate anche dallo sviluppatore”.
Pizzarotti poi puntualizza: “Non volevo offendere o sfruttare nessuno. Semplicemente, come c’è chi può fare volontariato tagliando l’erba o dipingendo un muro, chi è un informatico può aiutare nel suo campo. Se fosse un incarico a pagamento avrei seguito i canoni del comune, specificare quindi che era gratuito serviva a questo. Io ho sempre dato una mano ad associazioni che dovevano farsi il sito o altro, e non l’ho mai visto come sfruttamento”.


Vi chiedo:" Ma come è possibile votare gente così nel parlamento Italiano?" Un sindaco che mette due impienti fotovoltaici sul tetto di una scuola è un eroe? Ha fatto al rivoluzione del terzo millennio? E' il nuovo Einstein della politica? Quando dico che i grillini sono pirla se non c'azzecco certo non vado molto lontano dal bersaglio? Basta così poco per essere un rivoluzionario? E allora il sindaco Barbieri è Lenin in fatto di rivoluzione. Ha fatto mettere almeno tre impianti fotovoltaici sulle scuole del comune di Voghera dall'ASM eppure non mi sembra un gran sindaco. Anzi. I grillini si accontentano di poco. Ed è per questo che sono peggiori dei politici attuali, anche di quelli più ladri: "Perchè non si rendono conto nè di quello che dicono nè di quello che fanno". Ed io aggiungerei senza dubbio: " Padre perdona loro perché, è vero, non sanno proprio neanche dove sono".

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giovedì 17 gennaio 2013

Che paese. Nuovo e Vecchio sono praticamente uguali. Povera la mia Italia. Quale futuro per le persone perbene. Nessuno.

PARENTOPOLI/ Dal Pd al Pdl fino a Udc e M5S: ecco i candidati “di famiglia” nelle liste elettorali

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Notizie Italia
Scritto da Carmine Gazzanni
Martedì 15 Gennaio 2013 06:51

Figli, mogli, mariti, nipoti. Scorrendo i nomi dei candidati (alcuni ufficiali, altri ufficiosi) per le politiche, si rimane increduli vista la mole di parenti di ex deputati presenti. Spesso c’è proprio una sostituzione: esce padre, entra figlio. Alcuni sono nomi di peso, come quello diGiuseppe De Mita, nipote di Ciriaco. Una vera e propria parentopoli, insomma. Dal Pd al Pdl, passando per il M5S. Ma la mole maggiore di “parenti di” è nell’Udc (a cominciare dallo stessoCasini che candida la cognata). D’altronde lo sappiamo: per i centristi la famiglia viene prima di tutto.


di Carmine Gazzanni
Chi l’avrebbe mai immaginato che fare politica fosse qualcosa di ereditario. Eppure, a leggere i nomi dei candidati (ufficiali alcune, ufficiose altre) alle politiche 2013, la sensazione che si ha è proprio che chi è figlio di, moglie di, nipote di, parte con parecchi punteggi di vantaggio. Non potrebbe essere altrimenti, d’altronde, se sfogliando ad esempio le liste dei democratici – secondo la ricostruzione di Giuseppe Alberto Falci su Linkiesta.it, che riproponiamo - spicca il nome di Daniela Cardinale nella circoscrizione Sicilia 1. Pochi sanno chi sia, ma la Cardinale – che peraltro già ha corso alle scorse politiche del 2008 a soli 26 anni -  è figlia del superministro del secondo governo D’Alema, Totò Cardinale.
In casa Pd tengono tanto alla famiglia, insomma. E in effetti il caso della figlia dell’ex ministro non è l’unico. Nel Lazio, ad esempio, correrà Marietta Tidei, figlia dell’ex deputato Pietro Tidei. In Campania (seconda circoscrizione) ci sarà invece Simone Valiante, figlio di Antonio Valiante, ex deputato Pd: a Salerno lo conoscono bene dato che da oltre trent’anni gestisce tutto lui nel regno di Vincenzo De Luca. I figli, d’altronde, sonopiezz’e’core. E così, oltre ai casi già menzionati, spazio in Calabria anche per Stefania Covello, già consigliere regionale e figlia di Francesco Covello, senatore democristiano di lungo corso.
E se non ci sono figli da candidare? Niente paura. Ci sono amici, colleghi e portaborseDario Franceschini, ad esempio, è riuscito a piazzare diversi suoi fedelissimi: dall’ex direttore di Europa Francesco Saverio Garofani a Piero Martino, ex portavoce. Senza dimenticare l’ex capo della sua segreteria Alberto Losacco. Particolare non da poco: i tre non hanno partecipato alle primarie, ma sono stati inseriti di imperio dalla segreteria nazionale.
parentopoli_politiche_2013Nel centrodestra, come sappiamo, le liste ancora non sono ufficiali. Troppa discussione sulla candidabilità o meno di alcuni pregiudicati, su tutti dell’amico intimo di Berlusconi, Marcello Dell’Utri. Eppure, da quanto trapelato in questi giorni, anche il Pdl sembra non voglia farsi mancare nulla. Nemmeno i cocchi di papà,mammà o nonnò. È il caso, ad esempio, di Katia Gentile, vice sindaco di Cosenza, figlia dell’assessore regionale ai lavori pubblici Pino e nipote di Antonio Gentile, senatore di Berlusconi.
Sempre nella città calabrese dovrebbe essere della partita anche Luca Morrione, presidente del consiglio comunale ma soprattutto – e questo fa certamente la differenza – figlio dell’ex deputato Ennio, oggi consigliere regionale. Probabile, poi, anche la candidatura della giornalista del Tg5 Chiara Geronzi, figlia del banchiere Cesare.
Dov’è però che la famiglia è un valore assoluto? Ma è ovvio. Nell’Udcça va sans dire. E qui, infatti, i casi di parentopoli abbondano. A cominciare dallo stesso Pierferdinando Casini il quale, oltre a candidare se stesso in ben cinque regioni come capolista (proprio per essere sicuri), ha inserito anche la cognata, Silvia Noè la quale, peraltro, è già capogruppo dello scudocrociato in Emilia Romagna.
Il nome che svetterà più in alto di tutti, però, sarà senz’altro quello di Giuseppe De Mita, nipote di Ciriaco e già vicepresidente del governo regionale di Stefano Caldoro. E ancoraGiuseppe Zinzi, figlio di Domenico, attuale presidente della provincia di Caserta e uomo di punta di Noi Sud; e Michele Trematerra, oggi assessore regionale in Campania e figlio dell’europarlamentare Gino. Sotto l’ala scudocrociata correranno anche Napoleone Cera il quale, con grande probabilità, prenderà il posto del padre Angelo. Insomma, esce padre ed entra figlio. Stesso identico discorso anche per Teresio Delfino: dopo ben undici legislature, da buon Cincinnato si ritira a vita privata. Non prima di aver inserito il figlio,Giuseppe, che correrà al suo posto.
Piccola parentopoli anche nelle liste civiche del Professor Mario Monti. Nel listone del Senato, infatti, al numero sette c’è Francesco Barbavara, marito della figlia di Paolo Vitelli, presidente di Azimut Vitelli, gruppo attivo nella produzione di barca, e che a sua volta guida la lista Monti nel collegio Piemonte.
Non sembrerebbe essere scevro da parentopoli anche il Movimento 5 Stelle. Tra i candidati in Sicilia, infatti, spicca anche Azzurra Cancellieri, sorella del capogruppo del M5S Giancarlo. Anche se – è bene precisarlo – il ricorso all’elezione diretta dei candidati garantisce certamente più trasparenza e allontana ombre maligne dal movimento. Almeno su questo.
Chiudiamo con un curioso caso, ricostruito nel dettaglio da Lettera43. Per Giovanni Bazoli, storico numero uno di Intesa (oggi presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo), colui che ha aperto le porte delle banche a Corrado Passera, i prossimi saranno giorni difficili da trascorrere in famiglia. Alfredo Bazoli, 44 anni, nipote del banchiere, figlio del fratello Luigi, è candidato col Pd. Ottavo della lista in Lombardia, elezione quasi sicura. Gregorio Gittigenero di Bazoli senior, sposato con la primogenita , corre a sostegno di Mario Monti, posto numero tre nella lista in Lombardia. Anche questa candidatura ha buone chance di elezione.
E il resto della famiglia non sta a guardare. L’altro genero, Fabio Coppola, marito della secondogenita Chiara, pur non essendo sceso in campo in prima persona, va firmando appelli in sostegno di Mario Monti. Mentre la cognata Francesca è grande elettrice di Umberto Ambrosoli, candidato al Pirellone per il centrosinistra.
Come dire: troppa parentopoli nuoce gravemente alla salute.

Gridano le tasse sono troppo. Dicono che se governano daranno il 75% delle tasse alla Lombardia. Rimettono in senato Bossi e tra poco ci rimetteranno anche il Trota. Rubano al ritmo di una casa ad anno. Chiedono che l'IMU sia abolita e poi si scopre che se non avessimo pagato le multe agli allevatori leghisti oggi potevamo non pagare la "tassa sulla casa". Viva l'Italia.


Quote latte, 4 miliardi: come una Imu. Una tassa targata Lega Nord

Pubblicato il 17 gennaio 2013 16.23 | Ultimo aggiornamento: 17 gennaio 2013 16.44
alessandro-camilli-opinioni
di Alessandro Camilli

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ROMA – Quattro miliardi di euro. Tanto sono costate all’Italia le quote latte, o meglio le multe non pagate dagli allevatori e pagate invece da tutti i contribuenti. Esattamente la stessa cifra incassata quest’anno con l’Imu sulla prima casa. Un conto da 4 miliardi appioppato agli italiani dagli allevatori che non hanno rispettato le regole. Una minoranza, neanche duemila poi via via ridotti fino a meno di mille, che “hanno messo le mani nelle tasche” non solo di tutti gli italiani ma anche dei loro colleghi allevatori che non avevano santi in paradiso per non pagare. Santi in paradiso, cioè la Lega e i governi made in Berlusconi che su questo hanno obbedito alla Lega. Lega Nord, il partito che ama urlare “basta tasse” e “via l’Imu”, e che per coprire scarsi duemila amici suoi ci ha fatto pagare un conto pari ad un anno di Imu. L’ha fatto pagare a tutti, compresi i “padani”. E questo, prima ancora di sapere se ci sono stati o no reati penali, è certamente un danno, e che danno, alla collettività.
Le perquisizioni di mercoledì 16 gennaio disposte dagli inquirenti nelle sedi della Lega hanno riacceso i riflettori sulla mai risolta questione delle quote latte, mai risolta da trenta anni. Perquisizione che ad onor di cronaca non riguardano direttamente il partito di Roberto Maroni ma persone e società collegate ala storta storia delle quote latte di cui la Lega è stata sponsor e regista per molti anni. Una questione antica, datata 1984, che è costata alle casse dello Stato italiano quanto la fetta di Imu arrivata dalle prime case degli italiani,  un’enormità. Anche e soprattutto in considerazione del fatto che è un costo addebitato ai contribuenti per colpa e per vantaggio di una microscopica fetta della popolazione: gli allevatori scorretti.
Il Corriere della Sera racconta l’ultima furbizia per truffare le quote lasciando allo Stato lasciandogli il conto degli abusi:
“Si mette su una cooperativa di allevatori che raccoglie il latte e le multe da versare allo Stato quando vengono sforate le quote, la si fa fallire senza versare nulla all’erario, ci si trasferisce in un’altra regione e si ricomincia da capo anche grazie a qualche funzionario pubblico oliato a suon di mazzette. A caccia delle tracce di questa attività frenetica la Procura di Milano ha perquisito l’ufficio della segretaria di Umberto Bossi nella sede della Lega a Milano e quello di un’impiegata della sede di Torino in un’indagine per bancarotta fraudolenta e corruzione che non vede coinvolto né il partito né uomini del Carroccio e neppure le due donne”.

Una questione antica, 30 anni in politica e in economia sono un’eternità, e una questione che anche in questo 2013 si ripresenterà visto che, secondo le stime, già a fine marzo il nostro Paese supererà la quota di produzione assegnata. Una questione nata addirittura quando primo ministro era Bettino Craxi e quando, nel 1984, la Comunità europea decise di risolvere il problema della sovrapproduzione di latte applicando lo stesso sistema già sperimentato con l’acciaio: ogni Paese una quota e chi la supera paghi una multa.
L’allora rappresentante italiano, il democristiano Francesco Maria Pandolfi, accettò una quota definita punitiva per il nostro Paese a fronte di vantaggi su altri tavoli agricolo-europei: vino, per esempio, o agrumi, comparti nei quali il nostro Paese accumulava surplus di prodotto. Dal 1984 al 1996 gli allevatori avevano già totalizzato penalità per un valore oggi equivalente a 4 miliardi di euro. Fino al 1995 tutti i governi che si erano succeduti (da Craxi ad Andreotti fino al primo breve Berlusconi) saldarono una parte del conto: 1,7 miliardi di euro, pagando con i soldi dei contribuenti. Ma in quell’anno la Corte di Giustizia europea sancì che l’intervento statale costituiva un aiuto “distorsivo” della concorrenza europea. Dovevano pagare, invece, i produttori che superavano il tetto previsto. Produttori che scesero immediatamente sul piede di guerra, non volevano pagare, con al loro fianco la Lega di Umberto Bossi, partito allora all’opposizione ma che sarebbe stato al governo per gli anni successivi. Da allora l’Italia ha spuntato quote maggiori e altri interventi normativi hanno provato a risolvere la questione, che è stata effettivamente ridimensionata, senza però mai riuscire a risolverla una volta per tutte.
Le quote latte, che sono di fatto una limitazione del libero mercato e della concorrenza, sono state introdotte proprio a tutela degli allevatori. Decise a livello politico perché i produttori in questo settore erano e sono esposti a fluttuazioni di reddito molti forti e il sistema delle quote stabilizza i redditi degli allevatori ed è stato individuato come il male minore rispetto ad alternative come lasciar fallire i produttori quando i prezzi crollano per eccesso di offerta.
Una soluzione però mai accettata da una minoranza degli allevatori che, grazie anche all’appoggio di un partito come quello che era di Bossi, l’ha trasformata in una questione politica e in una fonte di reddito a discapito degli allevatori onesti e dei contribuenti italiani che, ancora una volta, hanno pagato il costo delle malefatte altrui.

Loro usufruiscono e noi paghiamo. Loro non lavorano nella amministrazione dello stato e prendono anche i benefici della mensa e dei premi di produttività. Ma di quale produttività considerato che non firmano cartellini, vanno in sindacato quando ne hanno voglia, e si mangiano 1 miliardo e 850 milioni di euro all'anno. Chiediamo a Bersani, a Vendola, a Ingroia, a tutti i segretari di partito: " Ma questi sono più privilegiati di voi. Quando li mandiamo a lavortare per chi gli fornisce lo stipendio, cioè lo stato?" Invitiamo tutti gli elettori di sinistra a non votare i partiti di sinistra se non si impegnano a far finire questo scandalo presente solo in Italia.

Uno dei maggiori privilegi dei sindacati italiani consiste nel non dover pagare uno stipendio a circa un dipendente su sette. Su un organico di 20 mila tra alti dirigenti, capetti e funzionari, infatti, CGIL CISL e UIL nel 2004-2005 hanno ricevuto in omaggio 2 mila e 584 impiegati pubblici. Il meccanismo è quello del distacco e prevede che l'amministrazione di provenienza continui a fornire graziosamente la busta paga, comprensiva beninteso di premi di produttività e buoni pasto, al piccolo esercito affaccendato in questioni sindacali. Che, esaurita la missione, si ritrova pure con un privilegio in più. Lo stabilisce, a pagina 38, il volume curato dal dipartimento per la funzione pubblica e intitolato "Prerogative sindacali e normativa di riferimento. Dice l'articolo 18:" Il dipendente o dirigente che riprende servizio può, a domanda, essere trasferito, con precedenza rispetto agli altri richiedenti, in altra sede della propria amministrazione quando dimostri di avere svolto attività sindacale e di avere avuto domicilio nell'ultimo anno nella sede richiesta ovvero in altra amministrazione, anche di diverso comparto, nella stessa sede".

martedì 15 gennaio 2013

Adesso neanche Santoro va più bene. Si vede che non ha più fatto vedere i suoi monologhi. Con Travaglio è più indulgente. Ma con Travaglio si fanno due spaghetti al pesto insieme. Una cosa è certa gli dà fastidio Santoro perché Berlusconi aumenta. E se Berlusconi aumenta Grillo si sgonfia. A meno che non sono la stessa persona. Cosa peraltro non improbabile. Viva l'Italia.


CAMPAGNA ELETTORALE

Grillo contro Santoro: «Lui ospite del Cav»

Attacca il giornalista e ribadisce: «Non sono candidato premier».

Beppe Grillo ha iniziato il suo Tsunami tour, un giro d'Italia per convincere gli elettori a votare per il Movimento 5 stelle.
Per i suoi rappresentanti, ma non per lui, il comico genovese, che ha detto di non avere alcuna ambizione da Palazzo Chigi.
E dal palco di Pistoia, ha trovato il tempo per attaccare gli avversari politici, ma anche Michele Santoro, reo di aver fallito l'appuntamento nell'intervista con Berlusconi: «Vedere Santoro che va ospite in una trasmissione di Berlusconi», ha detto Grillo. «Allora sei stupido. Allora vuoi gli ascolti, i soldi, gli sponsor».
«NON SONO CANDIDATO PREMIER».L'attenzione però era soprattutto volta nei confronti di quella vecchia politica che il comico non ha mai amato.
«Non sono candidato premier. Basta con questi leader, non funziona più. Invece di un leader prendevi un Gps», ha incalzato Grillo a Pistoia.
«Non ci hanno visto ancora arrabbiati sul serio», ha poi aggiunto.
«Noi stiamo riempiendo un vuoto e se non lo riempiamo noi, ci sono quelli che prendono i bastoni. Noi salviamo la democrazia in questo Paese».
Quello chiesto da Grillo è un cambiamento nella percezione della politica: «Non state a fare i guardoni, anch'io non votavo. Basta, destra e sinistra, noi siamo oltre, siamo per le idee, non per le ideologie».
«SMASCHEREREMO GLI INCIUCI». Quindi una dichiarazione a metà tra la promessa ai cittadini e la minaccia nei confronti dei vecchi partiti: «Se noi entreremo dentro il parlamento, il parlamento non sarà più lo stesso. Se noi entriamo lo apriamo come una scatola di sardine, vi faremo vedere tutti gli inciuci e inciucetti, vi faremo vedere chi gestirà l'acqua, i rifiuti, le multiutility, dove vanno i soldi, dove vanno gli appalti, vi faremo vedere tutto. E allora rubare sarà difficile, perché quando gli metti un riflettore lì il ladro diventa per bene».
Grillo ha anche scherzato sul grande affollamento di movimenti e partiti alle elezioni: «Sono 169 liste, pensavo qualcosina di più perché sono pochine».
Martedì, 15 Gennaio 2013

lunedì 14 gennaio 2013

Ma questo Montevecchi insiste. Ma vuoi vedere che ogni 1000 pirla ve ne è uno normale? E un altro che trasgredisce quanto stabilito nel non statuto. Facciamo fuori anche Montevecchi? Ma si, tanto ormai uno in più, uno in meno cosa cambia. Di certo i grillini vogheresi non si accorgeranno di niente. Loro hanno bisogno di sedersi in poltrona. Ed in questo sono proprio "uno vale uno".


M5S, la rivolta contro CasaPound.
Beppe: "Nessuna apertura". Rinviato lo Tsunami Tour

Dopo le dimissioni per protesta del capogruppo carpigiano Paluan, si allarga il malumore tra i cinquestelle, dai quartieri bolognesi fino alla capolista al Senato del M5S Montevecchi: "Grillo parla a titolo personale, sono fascisti". E lui: "Tutte balle". E la partenza è sospesa

di CATERINA GIUSBERTI L’apertura di Grillo ai “fascisti del terzo millennio” di CasaPound scatena la rivolta dei grillini emiliani. Candidati al Parlamento compresi. Michela Montevecchi, capolista al Senato del M5S, su Facebook ci va giù pesante: "Le idee espresse a proposito dell’antifascismo e del fatto che Di Stefano sembrasse un delegato del movimento 5 stelle non mi rappresentano nel modo più assoluto e perciò le reputo fatte a titolo personale".

VIDEO Grillo a CasaPound: "Se volete, benvenuti nel M5S"

#NotInMyName è lo slogan della consigliera di quartiere Federica Cuppini, mentre da Carpi il capogruppo Lorenzo Paluan, sostenuto da Rifondazione Comunista, arriva a dimettersi dai cinque stelle, per protesta. Dal San Donato la Cuppini sbotta: "Io con CasaPound non ci sto. Stavolta proprio non ci siamo: i temi e le battaglie sono importanti, ma altrettanto importanti sono i valori, le motivazioni e soprattutto i metodi". 

La quasi onorevole Montevecchi non è affatto d’accordo con il pensiero del “capo politico” dei cinque stelle, che venerdì aveva detto: 
"Anche se uno è di CasaPound ma ha i requisiti da noi previsti io lo candido. Io lo candido". Costituzione alla mano, lei ribatte: "Con l’articolo XII delle disposizioni transitorie e finali è vietata la riorganizzazione del disciolto partito fascista. Cosa ci faceva CasaPound davanti al Viminale per depositare il simbolo?". 

Stanco delle roboanti dichiarazioni di Grillo anche Nunzio Diana, consigliere M5S a Castenaso: "Ma se Grillo iniziasse a stare un po’ zitto?". Nei quartieri è una vera e propria insurrezione. Da Francesco Moretti, consigliere del Navile ("Se è vero che il M5S non è fascista e il tempo delle ideologie è finito non vedo perché accogliere senza distinguo chi si definisce apertamente fascista del terzo millennio") al collega Michele Onofri ("Nel movimento ognuno parla a titolo personale, Grillo compreso"), a Marco Gherardi, del Porto ("Credo di essere sempre stato una persona di ampie vedute, ma voglio che certe ideologie fasciste e xenofobe mi stiano lontane"). 

Ma Beppe Grillo non ci sta e risponde che non ha aperto le porte a CasaPound e che non è vero che il movimento usufruisce del contributo elettorale. Lo si legge in un comunicato che dà il via, come spiega Beppe Grillo, a una "nuova rubrica dal titolo "Le Balle Quotidiane" contro il M5S. Le balle prodotte dai pennivendoli - scrive Grillo - sono numerose, può essere quindi che qualcuna ci sfugga". 

E tra le balle proprio quella dell'apertura: "Seconda balla: Grillo ha aperto a Casa Pound, vuole allearsi con i fascisti... chi lo ha scritto è in totale malafede, un leccac... del sistema. Io non ho aperto a nessun partito e non sono fascista né simpatizzante del fascismo. Ma chi credete di prendere per il c...?".

"Invece ho detto e ribadisco che il M5S non è un movimento ideologico, ma vuole ottenere la democrazia diretta. È un movimento al quale chiunque non sia iscritto a un partito e accetti il suo programma, può iscriversi. E' ecumenico". E poi si focalizza sui soldi per la campagna elettorale: "Il M5S chiede contributi liberi ai cittadini che lo vogliono sostenere. Non ha mai ricevuto contributi pubblici in passato per le elezioni regionali. Non chiederà contributi pubblici per le elezioni politiche (con le attuali proiezioni di voto avrebbe diritto a circa 100 milioni di euro) al contrario di tutti gli altri partiti - conclude Grillo- sia quelli con la foglia di fico che quelli senza".

Intanto, in attesa delle decisioni del Viminale sul simbolo clonato, rinvia la partenza dello Tsunami Tour.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...